Lettera di un albero condannato a morte

immagine presa dal Web

Parco Don Bosco
Bologna, aprile 2024

Caro Sindaco Matteo Lepore,
Le scrivo con l’inchiostro nero che una delle mie lunghe dita ha rubato dal calamaio della notte.
Le scrivo questa mia sul foglio luminoso di quest’alba di inizio aprile.
Sono uno degli alberi che popola il Parco Don Bosco.
Si, sono uno di quegli alberi che lei, primo cittadino di Bologna, ha condannato a morte.
Con me moriranno questi nidi e tutti le creature che abitano il mio vecchio corpo e questo parco.
Io sono vivo, proprio come lei e amo questa terra -e qui non posso dire “proprio come lei”,
perché lei, Sindaco Lepore, con la sua politica di cementificazione dimostra il suo non amore per Madre Terra e i suoi abitanti, umani compresi.
Ho sentito tante nevi, tante piogge hanno bagnato questo corpo nodoso e migliaia di raggi solari hanno giocato con le dita della mia mano.
E i bambini sedevano ai miei piedi, quando una buffa campanella squillava e la bocca della scuola si spalancava, per permettere a quelle vite nuove di uscire festose dal corpo di una Madre che li nutriva di libri, sogni e speranze.
Sentivo le loro voci ripetere versi di splendide poesie, fatti accaduti in un tempo remoto e nomi di luoghi mai visti, di cui io ne conoscevo l’esistenza grazie ai racconti degli uccelli migratori.
Innamorati e vecchi stanchi, emarginati e grandi compagnie di persone, umani col coltello in tasca e umani con, nella tasca, taccuino e matita, si sono seduti ai miei piedi. E io li ho accolti senza giudizio o pregiudizio. Li ho accolti in quanto vita pulsante.
Questa mia amorosa accoglienza, questa mia indiscriminata accettazione non sarà, da alcuni umani- tra questi Lei signor Sindaco- a me riservata.
Lei, ha sentenziato la mia, e quella di molti altri alberi, pena di morte per reato di esistenza.
Non so se leggerà mai questa lettera, io, forse non Sarò più. Uomini motosega mi avranno già ammazzato. Essi, in fondo non fanno che ubbidire agli ordini.
Una cosa però gliela voglio chiedere: lei ha due figli, me lo ha detto il vendo dell”Est che, si sa, delle nascite ha tutte le notizie. Quando i suoi figli si renderanno conto di vivere in un mondo di cemento e scopriranno che il loro padre, quando fu Sindaco della città di Bologna, contribuì a questa cementificazione, cosa penseranno di lei?
Ora la saluto “fogliosamente” perché, per noi alberi la cordialità vive nelle nostre foglie, attraverso cui doniamo ossigeno e ombra a tutti, anche a chi firma la nostra condanna a morte.

Uno degli alberi condannti a morte

Abitante del Parco don Bosco.

Lascia un commento