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Ricordi di lieti sorrisi

Ricordi di lieti sorrisi
tra papaveri e spighe di grano:
due bimbette si tengon la mano
a caccia di bei fiordalisi

Le vestine bianche innocenza,
le scarpette nero dolore
Sul tuo volto la cruda presenza
di un tradimento d’ amore.
“Quanti graffi e quante ferite…
…che hai fatto, dimmi piccina”.
“Cado sempre su schegge appuntite
all’alba d’ogni mattina”.
“E la mamma che dice? La mamma che fa?”
“La mamma mi culla tergendomi il pianto…”
Io sapevo la verità.
Non dissi nulla
rimanendoti accanto.
Io non dissi alcuna parola 
sul tuo innocente tormento,
ti lasciai minuscola e sola
come foglia sferzata dal vento

Quel vento che pur amavamo,
a cui chiedavamo perdono
per esser nate senza alcun piano
come sgradito, inutile dono.

E a distanza di anni rivedo 
due bimbette tra spighe di grano,
allora m’arresto e mi siedo
sotto il bianco de l’ippocastano.
Lì ritrovo il tuo volto avvilito
che mi fissa chiedendomi aiuto,
poi d’un tratto il dolore patito
diviene pallido e muto.

20190628_191116

Preghiera alla Madre oscura

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Siamo gli aborti che tu partoristi,
demoni,vittime di angeli buoni.
Poveri diavoli, poveri cristi
Spruzzate improvvise di maschi coglioni

Tu sei la Madre oscena ed oscura
Colei che ci diede a un ventre malato,
Nostra Signora della Tortura,
Madre matrigna del frutto avariato.

Ti ho vista sbavare, cagna rabbiosa,
graffiare carni di teneri infanti,
leccarti la mano, vile viziosa,
senza dolore, senza rimpianti.

Mi genufletto, bambina impaurita,
imploro i tuoi baci, imploro il tuo bene
Sono tua figlia, son carne, son vita
non solo il vomito improvviso, di un pene.

… E dopo anni ancora ti cerco
oscura Madre di pianto e dolore,
illusa scavo nel fetido sterco
per ritrovar un tuo gesto d’amore

BulimicaMente tossica

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Che ne sapete dei miei profondi vuoti
Dei miei inferni, le mie desolazioni
Di una famiglia di scarafaggi e topi
Di miseria e violente punizioni.

Ho provato a ingoiar tutto l’amore
che cerco’ quella bimba maledetta,
ma la colpa mi distrugge ed il mio cuore
lo risucchia e di colpo lo rigetta.

Madre dimmi, ti delusero poi tanto
quelle carni di fragili bambine?
Meduse dal fastidioso pianto
Portatrici di colpevoli vagine.

Padre, tu senza eredi maschi,
la tua pena io ricordo ancora
Mai un giorno ci fu che soffocasti
il tuo odio dentro la tua gola.

Ed il cibo divien l’unico amore
con cui voi nutriste questo corpo
Mi assopisce un attimo il dolore
e per un attimo sparisce ogni ricordo

Non ho tregua, ne pace. E’ una tortura
Da sempre mi amo e mi tradisco
Mangio e vomito, mistica lordura
e ogni volta rinasco e mi abortisco.

Autoritratto: l’urlo muto

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Mi posero, una sera, sul balcone
col lungo gambo e il bel bocciolo esposto,
all’afa che sputava il sol leone
di un giorno di un infernale agosto
Figlia della terra e del concime
giocavo con la vespa e la falena,
Illusa di una gioia senza fine
vibravo con l’energia, serena.

Nel mio fiore un cuore di cristallo
Le radici fragili piedini
e quel vaso come piedistallo
che imponeva limiti e confini

Poi un di fui dimenticata
Ebbi sete e gridai il dolore.
La mia voce, voce inascoltata
di chi parla senza usar parole

Fu la morte, meravigliosa madre,
a seccare, con la mano ossuta
le giovani mie radici magre
assetate da mano conosciuta.

Mia e’ la storia di chi soffre muto
Di chi al mondo viene e nessuno vuole
Di chi vuole vivere e invano cerca aiuto
E implora, chiama, senza usar parole…